DOPPIOZERO ci racconta il suo nuovo progetto discografico “PARABELLUM”.
“PARABELLUM” è il nuovo album di DOPPIOZERO, un viaggio suggestivo e senza filtri che attraversa le strade della periferia, riflette sulla società contemporanea e lancia una denuncia politica diretta. Composto da tredici tracce intense, il disco è stato registrato interamente al DERUA Studios di Torino, luogo dove l’artista non solo crea musica, ma è anche impegnato come social media manager e promotore di eventi e contest in collaborazione con la realtà di Time To Trap.

“PARABELLUM” unisce sonorità taglienti a liriche molto personali. Com’è stato il lavoro con i producer che hanno lavorato al disco?
Per dare il giusto sound e colore all’album ho sentito il bisogno di unire diverse sonorità e stili di produzione , guidato dalle diverse emozioni provare in quel determinato periodo di scrittura ed ispirato dalla cultura musicale e cinematografica che mi accompagna, il tutto affiancato da 4 producer diversi: Diemme, Skandu, More Real ed Elka.
In “PARABELLUM” abbiamo brani nati da una certa idea precisa o da qualcosa che mi appassiona profondamente fino a produzioni ideate in studio partendo da una semplice idea di quello che poteva essere il risultato finale.
I video realizzati tra Torino e Milano aggiungono un layer visivo forte al disco. Quanto conta per te l’estetica nella comunicazione del tuo messaggio artistico?
Per me il lato “visivo” di un opera ha un valore piuttosto alto, nel periodo in cui siamo penso sia fondamentale dare un immaginario alla propria arte creando un valore aggiunto a quello che può essere un bel pezzo o una bella produzione oltre al fatto di avere dei contenuti utili per poter promuovere l’uscita anche attraverso reel brevi e video. Nel video di “castelli di carta” realizzato a Milano abbiamo deciso di inserire delle scene in “prima persona” registrate durante un mio live con una InstaPro360 attaccata magneticamente al petto in modo da dare uno stile diverso al contenuto grafico rendendo il tutto più “crudo e reale” a mio avviso.
Torino fa da sfondo a molte delle tue tracce. Cosa significa per te rappresentare la tua città?
Raccontare e rappresentare Torino è un grande onore per me ma anche un peso da portare. Torino è una città che può darti tanti come toglierti tutto, bisogna saperla vivere. Quando narri la cruda realtà senza filtri e senza giri di parole ti ritroverai sicuramente a toccare anche tematiche delicate e sensibili, a volte scomode.

“Smile” e “Khalifa” mostrano lati molto diversi di te. Come riesci a mantenere coerenza stilistica pur attraversando registri emotivi e musicali così distanti?
Smile e Khalifa sono due facce della stessa medaglia. È come essere affetti da bipolarismo ed esserne totalmente consapevoli ma facendo convivere pacificamente questi due mondi. D’altronde tutti i giorni ci troviamo a vivere tra sbalzi d’amore passando da momenti felici a momenti di tensione ed io ho voluto rappresentare questa flessibilità o capacità di adattamento accostando due sound totalmente diverso ma entrambi con lo stesso stampo e la stessa crudezza di narrazione.
Oggi sei attivo anche come social media manager e organizzatore di eventi. Quanto è importante, secondo te, per un artista emergente sapersi muovere anche fuori dal booth?
Io penso che al giorno d’oggi da artista sia molto importante cercare di trovare il proprio posto nel settore musica e cercare di viverla il più possibile a pieno e nel modo più sostenibile possibile. Lavorando nel settore come Social media manager/ADS manager per DeRuaStudios e come organizzatore di eventi tramite “TimeToTrap” mi trovo ad essere a 360° circondato da quella che è la mia passione. Se non faccio la mia musica, aiuto altri artisti a fare la loro o comunque a dare spazio alla cultura hip-hop, e non c’è niente di più bello di questo oltre ovviamente ad essere un supporto economico per la mia arte.
Lascia un commento